Testo di Fëdor Dostoevskij, adattamento e regia Gabriele Lavia, scena Carmelo Giammello, costumi Andrea Viotti, musiche Giorgio Carnini, con Gabriele Lavia, Barbora Bobulova, Edda Valente, Giorgio Crisafi, Ola Cavagna, Anna Marcelli, Giorgio Giacomin, Elena Narducci.
"Una donna mite" Gabriele Lavia ha adattato per il palcoscenico il racconto "La mite" di Fëdor Dostoevskij: "Una donna mite". Il grande scrittore russo prese spunto da un fatto di cronaca accaduto a Pietroburgo nel 1876, quando una sartina si uccise gettandosi dal sesto piano con un'icona stretta al petto. Nel racconto e nello spettacolo il gesto disperato si trasforma nell'autodistruzione della giovane moglie del gestore di un banco di pegni. L'uomo è stato espulso dall'esercito perché ha rifiutato di battersi a duello e cova una sorta rabbia nei confronti del mondo. Sposa una fanciulla, poverissima, ma la costringe ad una vita monacale, quasi non le parla, né la tocca. Quando lascerà irrompere l'amore che alberga nel suo cuore è ormai troppo tardi. Gabriele Lavia costruisce lo spettacolo come un lungo flashback, in cui durante, le ore della veglia funebre, l'uomo rivive il passato. La scenografia si sviluppa in verticale, con un accumulo di oggetti e ambienti che culminano nella finestra fatale. La recitazione e il testo muovono sul medesimo piano. Sembra quasi di guardare uno di quegli edifici barocchi così ricchi di orpelli da non lasciar distinguere i particolari. Il senso complessivo è di eccesso: di bravura e di materiali.

 

 

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