Sior Todero Brontolon

Testo:Carlo Goldoni (Venezia 1707 – Parigi 1793); regia: Andrée Ruth Shammah; interpreti: Eros Pagni, Ivana Monti, Roberto Venduelli, Tommaso Banfi, Antonella Bruno, Marta Comerio.

  URL: http://www.comune.noviligure.al.it/cultura/siortodero.html

Carlo Goldoni  scrisse Sior Todero Brontolon nel 1762, nel pieno di quella che sarà definita la rivoluzione teatrale. L’anno successivo, amareggiato per l’ostilità dei fautori del teatro tradizionale capeggiati dall’abate Chiari e dal conte Carlo Gozzi, deciderà di recarsi a Parigi per lavorare come drammaturgo alla Comédie Italienne, rimanendovi sino alla morte. Sior Todero Brontolon è uno dei testi meno rappresentati di quest’autore e, assistendo all’edizione curata da Andrée Ruth Shammah in scena al Teatro delle Corte sino a domenica prossima, se ne coglie il motivo. E’ un’opera in cui la bravura degli attori, i due primi ruoli in particolare, è fattoressa indispensabile per la riuscita o il fallimento dell’intera operazione. La storia è fra quelle viste cento volte: un parente autoritario e gretto tenta d’imporre la sua volontà a due giovani innamorati, uno dei quali ha già destinato ad altro compagno. Ciò che conta, dunque, è il disegno dei caratteri e l’impostazione che la regia dà allo spettacolo. In questo caso il primo aspetto è pienamente riuscito, il secondo un po' meno. Eros Pagni è un vecchio avaro, gretto, crudele, un vero padrone delle ferriere quanti pochi se ne sono visti. Ivana Monti, che a tratti supera l’illustre partner, è una donna coraggiosa e pronta a lottare con le unghie e i denti per la felicità della figlia. Ciò che convince meno è la scelta, in sé pregevole, di proporre un a lettura filologicamente rispettosissima – poche volte si è ascoltato un Goldoni tanto puro – quando non del tutto soddisfacente sul piano della lettura profonda del testo. Siamo in un momento di snodo, in cui il vecchio ordine aristocratico – autoritario, penetrato sin nei ceti che di nobiliare nulla hanno, inizia a mostrare crepe, sempre più allargate da una concezione nuova dei rapporti economici ed interpersonali. Ebbene, di questo nello spettacolo non c’è quasi nulla, ed è un peccato.

 
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