Testo: Anton Cechov (1860 - 1904); progetto di Eimuntas Nekrosius; scene: Marius Nekrosius; luci: Roberto Innocenti; suono: Fabrizio Gambineri; costumi: Filippo Guggia; interpreti: Pia Lanciotti, Fausto Russo Alesi, Anândio Pinheiro, Laura nardi, Stephane Oertli, Ana Dinis, Vanessa Compagnucci, Paolo Mazzarelli, Cristian Maria Giammarini, Alessandro Riceci, Christophe Sermet, Hala Ghosn.

 "Il gabbiano" che Eimuntas Nekrosius costituisce una provocazione positiva, una sfida e una raffinata proposta intellettuale. Una provocazione perché delude quanti sono abituati a pensare il testo cechoviano alla luce di rappresentazioni realistiche, una sfida poiché, ad iniziare dalle quasi quattro ore di durata, costringe lo spettatore a fare i conti con la sua voglia di capire, più che sul diletto di una serata a teatro, una proposta intellettuale perché poche altre volte questo testo è stato affrontato con una chiave di lettura tanto precisa. In questo spettacolo rimane poco della vicenda originale: lo scontro fra una matura attrice, avida ed egoista, ed il figlio, irrequieto e creativo, sullo sfondo della classica dacia russa fine ottocento. Le battute del copione ci sono quasi tutte, ma è l'insieme della rappresentazione, la scenografia essenziale, i gesti ora gridati ora accompagnati da movimenti quasi acrobatici a spostarci in un mondo informale, uno spazio fuori del tempo in cui anime lacerate si misurano con il dramma della creazione artistica. E' questo il punto centrale su cui fa leva il regista lituano, uno dei maggiori sperimentatori teatrali, facendo deflagrare il contrasto, attualissimo, fra la solitaria grandezza del creare e il successo mondano. La madre e il suo amante sono ricchi e famosi - sembrerebbero quasi due divi televisivi d'oggi - mentre il figlio, un vero genio letterario, vive ignorato e misconosciuto. Anzi, quando inizierà ad essere gratificato dal successo si ucciderà. Uno spettacolo difficile e avvincente, da non perdere e cui accostarsi con pazienza e mente aperta.