I polacchi

Testo: Alfred Jarry (1873 – 1907); regia: Marco Martinelli; interpreti: Ermanna Montanari, Mandiaye N'Diaye, Maurizio Lupinelli, Gerardo De Vita, Francesco Antonelli, Enrico Benzoni, Matteo Cavezzali, Davide Dembek, Luva Fagioli, Edis Livnjak, Roberto Montagnani, Enrico Montanari, Mauro Paglialonga, Gabriele Rassu, Massimiliano Rassu, Alessandro Renda. 

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Alfred Jarry scrisse la prima, fra le tante versioni di Ubu Re, con due suoi compagni di scuola mentre frequentava il Liceo di Rennes. Lo spunto fu offerto delle molte storielle e battute che avevano al centro un professore di fisica della scuola. Nel 1896 l’opera fu presentata, in una versione totalmente riscritta, in un teatro parigino e fu un fiasco. Trascurabile incidente di percorso, per un testo e un personaggio che diventeranno presto uno dei simboli della cosiddetta “avanguardia storica”. Marco Martinelli e i giovani del Teatro delle Albe propongono ora una bella e intrigante versione di quella storia riscritta in romagnolo e raccolta sotto il titolo I polacchi, che è poi quello con cui nacque il testo originale. Lo spettacolo è divertente, spiazzante, a suo modo geniale. I materiali impiegati per raccontare la volgare ascesa al potere del grasso e crudele Ubu e della diabolica consorte, amalgamano, musica da discoteca, brani di classica, cori da stadio, frecciate all’attualità politica. Il tutto avvolto in una nebbia che, più che il clima padano, cita la confusione in cui è immersa l’umanità e non solo oggi. La recitazione è ben calibrata, le trovate intelligenti, il taglio quello di una commedia musicale costellata di siparietti farseschi. Il protagonista, altro spiazzamento rispetto all’originale, è un attore di colore, Madiate N’Diaye, la moglie e complice, Ermanna Montanari, una figura bianca i cui tratti ricordano sia il teatro giapponese, sia certi personaggi felliniani. Un bel modo per rendere vivo un testo che troppe volte abbiamo visto imbrigliare in mummificazioni indegne dello spirito ribelle che lo ha partorito.

 
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