Edoardo II
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Christopher Marlowe è contemporaneo di William Shakespeare e, anche se ha vissuto solo ventinove avventurosi anni, ci ha lasciato alcuni dei testi più indicativi del teatro elisabettiano. Edoardo II, scritto nel 1592, è considerato il suo capolavoro e racconta la storia del monarca omosessuale, vissuto fra il 1284 e il 1327, che eresse a cancelliere il suo amante, Pierce di Gaveston, spregiò la moglie Isabella, sorella del re di Francia, s’inimicò la nobiltà che, complice la regina, fece assassinare sia il favorito, sia il suo successore, Hugh Spencer. Sconfitto dai congiurati, il monarca fu imprigionato, torturato e giustiziato. Antonio Latella propone una versione di questa tragedia che si distingue per almeno due elementi. Letizia Russo, in veste di traduttrice, ricostruisce lo spirito teatrale dell’epoca e la corporalità del testo con una versione volutamente sgrammaticata, piena di parolacce, funzionalmente volgare. La regia segue questo stesso percorso con un impianto essenziale – un palcoscenico vuoto contornato da drappi veri su cui si muovono personaggi vestiti come preti – e una recitazione molto gestuale, con momenti apertamente ispirati alla pittura di Caravaggio. Il risultato è uno spettacolo lungo, che focalizza l’ossessione di un re che preferisce la propria passione al potere, ma che sa usare anche quest’ultimo in modo non meno spregiudicato di quanto fanno i suoi avversari. È una proposta che inizialmente sconcerta, ma che cattura l’attenzione e il piacere dello spettatore solo lo si avvicini con pazienza e apertura mentale. Un po’ come accade con il film, tratto dallo stesso testo, diretto nel 1991 da Derek Jarman. |
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