Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone
Testo di Francesco Freyrie dai libri di Giovannino Guareschi (1908 - 1968); regia: Lorenzo Salveti; scene: Leonardo Scarpa: costumi: Bartolomeo Giusti; luci: Luca Diani; suono: Roberto Carletti; interpreti: Vito, Eraldo Turra, Umberto Bortolani, Marcello Foschini, Andrea Lupo, Claudio Saponi, Carolina Di Monte, Alessandra Frabetti, Bartolomeo Giusti. |
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Giovannino Guareschi è diventato famoso con l’invenzione della coppia Don Camillo e Peppone, il curato manesco, ma saggio e il sindaco comunista semianalfabeta. I due si sono dati amorevole battaglia lungo una saga di molti libri e sette film. Erano i primi anni cinquanta, infuriava la guerra fredda e questi due personaggi incarnarono un’idea paciosa e sostanzialmente qualunquista della politica. Infondo, sembrava dire lo scrittore emiliano, siamo solo giocando, lasciamo gli scontri ideali a “quelli di Roma” con la loro spocchiosa volgarità, si vedano i vari personaggi, dalla funzionaria di partito alla gerarchia ecclesiastica, che arrivano da fuori paese. E’ uno sguardo semplicistico e sostanzialmente conservatore con sconfinamenti in un populismo che potremmo definire preleghista. Quei materiali sono ora trasferiti sul palcoscenico da Francesco Freyrie, che ha curato l’elaborazione del testo, e dal regista Lorenzo Solvetti. Nell’arte nessun argomento è tabù, ma occorre sempre un preciso punto di vista nell’affrontarlo. E’ quanto sembra mancare del tutto in questo Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone in cui la farsa, in verità piuttosto debole, prevale su una qualsiasi ipotesi di lettura. E’ come se cinquant’anni fossero passati in vano e il contesto in cui nascevano quei libri e quei film fosse stato inghiottito dalla nebbia. Con qualche furbizia in più, visto che mai si parla di Democrazia Cristiana o di Partito Comunista, ma di reazionari e popolo. Una scelta apparentemente minima, ma densa di voluta ambiguità, quasi a ridurre testo, ambiente e storia a rissa di paese per una qualche secchia rapita. Così facendo non si rende omaggio neppure ad un autore discutibile quanto si voglia, ma non trascurabile. |
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