Antigone di Sofocle
La città egizia di Tebe è in lotta con quella di Argo. Edipo, il re che ha ucciso inconsapevolmente il padre e sposato la madre, si è accecato ed è stato esiliato. Ora sono i suoi figli Eteocle e Polinice a contendersi il potere; ha la meglio il primo che esilia il fratello. Quest’ultimo ritorna a capo di un potente esercito e attacca la città; nello scontro muoiono entrambi. Il nuovo re Creonte decide che siano dedicati solenni funerali alla salma di Eteocle, mentre quella di Polinice rimanga insepolta alla mercè di cani e avvoltoi. Antigone, sorella dei due contendenti, rifiuta la decisione e snellisce il fratello causando le ire del re che la condanna a morte. Da questa decisione impietosa scaturirà la rovina del monarca. Scritta da Sofocle nel 441 avanti Cristo, Antigone, è stata tradotta e riletta, nel 1804, da Friedrich Holderlin (1770 – 1843) e, nel 1948, da Bertolt Brecht, che si basò per buona parte sulla traduzione precedente pur innovando profondamente l’interpretazione del testo. Sofocle mette in scena un conflitto fra la ragione umana e quella di stato, Friedrich Holderlin guarda, invece, al rapporto fra individuo e leggi ingiuste, Bertolt Brecht focalizza l’insensatezza e la brutalità della guerra. Federico Tizzi si muove su questa linea, accentuando ancor più la condanna e allargando il tiro al conflitto all’oggi. Ne nasce uno spettacolo di grande modernità, recitato magnificamente, essenziale nella scenografia e capace di suscitare una forte commozione. Un ruolo particolare è svolto dalle luci e dai costumi. Le prime hanno tagli freddi, con ampio uso di neon, che sbiancano i voli o li fanno precipitare nell’ombra, quale segno di un conflitto irriducibile e privo di mezzi toni. I secondi citano apertamente l’attualità con le vesti, fra l’ecclesiastico e l’islamico, dei personaggi regali e la tuta arancione, come quelle imposte ai detenuti di Guantanamo e ai condannati a morte delle prigioni USA, indossata da Antigone. Da non perdere. |
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