Niente da nascondere (Cachè)
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Niente da nascondere segna il ritorno di Michael Haneke a quel cinema forte, perfetto nella confezione cui ha segnato gli anni inizi della sua carriera nel lungometraggio, dopo un lungo, fortunato periodo di lavoro nella televisione austriaca. Una fase aperta nel 1989 con Der Siebente Kontinent (Il settimo continente) e sostanzialmente conclusa con 71 Fragmente einer Chronologie des Zufalls (71 frammenti di una cronologia del caso, 1994). Dopo questo periodo ha avuto la possibilità di lavorare su grandi coproduzioni europee che, se gli hanno offerto un campo d’ampio respiro, hanno anche insidiato la sua purezza stilistica. Con questo film ritorna alle origini, alle opere intessute di una violenza psicologica estrema - quasi mai una goccia di sangue ma atmosfere feroci – che suonano condanna all’impotenza, all’indifferenza e alla grettezza che si nascondono sotto i panni perbenisti della società opulenta. I suoi personaggi appartengono, di solito, alla borghesia medio – alta, nascondono segreti inconfessabili, provano sensi di colpa nei confronti dei figli che, da parte loro, li contraccambiano con altrettanta indifferenza e odio. È la situazione in cui si viene a trovare anche Georges, raffinato giornalista televisivo, conduttore di uno stimato salotto letterario che, di colpo, si trova al centro di una vera e propria persecuzione: gli arrivano a casa con cadenza sempre più ravvicinata lunghi video che riprendono in campo fermo la sua casa, la fattoria in cui è nato, disegni dal taglio infantile grondanti sangue. Non sa da chi arrivano, né che cosa vuole il misterioso mittente. Lentamente le cose quasi arrivano a chiarirsi e tutto sembra fare capo ad un episodio accaduto nell’infanzia del protagonista, quando, nel pieno della guerra d’Algeria, la polizia parigina massacrò oltre duecento immigrati colpevoli solo di manifestare per l’indipendenza della loro patria d’origine. In quell’anno, il 1961, ancora bambino, diede a suo modo una mano alla repressione, impedendo l’adozione di un piccolo orfano di una coppia sparita nel vortice repressivo. Un gesto che condannò il piccolo ad una vita di miseria e di soggezione culturale. Quell’antica colpa chiede ora il suo risarcimento e ad esigerlo saranno proprio suo figlio e quello della vittima di allora. Il film ha una struttura compatta, intelligente che lascia allo spettatore ogni giudizio; persino il disvelamento finale degli autori della congiura ha i toni di una possibilità fra molte altre. Ciò che è chiaro è la denuncia della responsabilità di chi crede d'essere al riparo da tutto solo perché fortunato di nascita o di condizione sociale. Il tema della colpa per le sofferenze del mondo e le responsabilità verso gli emarginati è una sorta di filo rosso che ritorna nel lavoro di regista e rende grande e commuovente anche questo bel film. |
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