Minority Report
Regia: Steven Spielberg; soggetto dal racconto omonimo di Philip K. Dick; sceneggiatura: Scott Frank, Jon Cohen; interpreti: Tom Cruise, Colin Farrell, Samantha Morton, Max von Sydow, Lois Smith, Peter Stormare, Tim Blake Nelson, Steve Harris, Kathryn Morris, Mike Binder, Daniel London, Neal McDonough, Jessica Capshaw, Patrick Kilpatrick, Jessica Harper, Ashley Crow, Arye Gross, Richard Coca, B.R. Woller, Klea Scott, Frank Grillo, Anna Maria Horsford; produttori: Jan de Bont, Bonnie Curtis, Michael Doven, Gary Goldman, Sergio Mimica-Gezzan, Gerald R. Molen, Walter F. Parkes, Ronald Shusett,; musica originale: John Williams; musica non originale: Johann Sebastian Bach, Pyotr Ilyich Tchaikovsky; fotografia: Janusz Kaminski; montaggio: Michael Kahn; ricerca attori: Denise Chamian scenografo: Alex McDowell; direzione artistica: Ramsey Avery, Leslie McDonald, Seth Reed allestimento set: Anne Kuljian; costumi: Deborah Lynn Scott; trucco: Mark Anthony, Karen Asano-Myers; società di produzione; 20th Century Fox, Amblin Entertainment, Blue Tulip, Cruise-Wagner Productions, DreamWorks SKG; nazionalità: USA; anno di produzione : 2002; durata: 154 min. |
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Steven Spielberg ritorna alla fantascienza. Dopo A.I. che ha suscitato pareri contrastanti, è ora la volta di Minority Report. Il film è tratto da un racconto, scritto nel 1956, di Philip K. Dick, uno dei maestri della “fantascienza morale”, scomparso vent’anni or sono. Solo per ricordare alcuni titoli, sono stati tratti da opere di questo scrittore: Impostor (2002) di Gary Fleder, Screamers (1995) di Christian Duguay, Total Recall (1990) Paul Verhoeven e Blade Runner (1982) di Ridley Scott. Minority Report incrocia una riflessione morale, venata di legittimo pessimismo, ad uso intelligente degli effetti speciali. La storia e ambientata nel 2054, quando un complesso sistema di computer consente di leggere le visioni di tre precognitivi, a cui sono attribuiti i nomi d’altrettanti maestri della narrativa gialla: Agatha (Christie), Dashiell (Hammet) e Arthur (Conan Doyle). Questi tre esseri, a metà fra l’umano e la cavia sperimentale, sono costretti a vivere immersi in un bagno di lattice, rinchiusi in una sorta di stanza asettica. Le loro visioni sul futuro consentono d’individuare chi sta per commettere un omicidio, fermarlo in tempo, arrestarlo e condannarlo a vivere semiibernato in una sorta di penitenziario ipertecnologico. Le cose precipitano quando ad essere indicato come un futuro omicida è l’agente della polizia precrimine John Anderson. Inizia così una fuga e un inseguimento cadenzati da alcuni forti interrogativi morali: la legge può punire chi non ha ancora commesso un reato? Le previsioni devono essere prese per buone anche quando esiste un “rapporto di minoranza”, una discordanza fra i tre divinatori? Sono quesiti riferiti ad una realtà tutt’altro che ipotetica. La regia immerge questa densa materia in un film teso, compatto – solo il finale c’è qualche sfilacciatura – e degno di un grande poliziesco. Steven Spielberg continua sulla strada tracciata dalla sua posizione di liberal moderato, uomo attento alla conciliazione della grande platea con temi scottanti. E' una miscela che non sempre è stata amalgamata al punto giusto. Non è il caso di questo film, in cui gli accenni al potere totale, che tutto controlla e condiziona, appaiono quanto mai realistici. |
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Valutazione: 1 2 3 4 5 |