Million Dollar Baby
Regia: Clint Eastwood; testo da un racconto di F.X. Toole; sceneggiatura: Paul Haggis, interpreti: Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman, Jay Baruchel, Mike Colter, Lucia Rijker, Brian F. O'Byrne, Anthony Mackie, Margo Martindale, Riki Lindhome, Michael Pena; produttori: Clint Eastwood, Paul Haggis, Robert Lorenz, Gary Lucchesi, Robert Moresco, Tom Rosenberg, Albert S. Ruddy; musica: Clint Eastwood; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox; ricerca attori: Phyllis Huffman; scenografo: Henry Bumstead; direttore artistico: Jack G. Taylor Jr., Jack Taylor; arredatore: Richard C. Goddard; costumi: Deborah Hopper; società produttrici: Warner Bros., Lakeshore Entertainment, Malpaso Productions, Albert S. Ruddy Productions; anno di produzione 2004; nazionalità USA; durata: 137 min. |
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Bisogna dirlo subito, anche se c’è il rischio di sfondare una porta aperta: Clint Eastwood è il maggior regista americano in attività e uno fra i primi cinque del mondo. Million Dollar Baby lo conferma e lo fa con un racconto dalla struttura lineare, uno stile classico, la costruzione di una serie molto ampia di possibilità di lettura, il tutto in un guscio apparentemente melodrammatico. La vicenda è raccontata da una voce fuori campo che ci guida in un racconto in flash back. Una trentunenne, con alle spalle una vita di miseria e presente di cameriera, riesce a convincere un anziano allenatore, proprietario di una modesta palestra in cui lavora un ex – pugile privo di un occhio, a prepararla per farla esordire da professionista. Dapprima riluttante, l’uomo alla fine cede e s’impegna a fondo per coltivare le indubbie doti dell’allieva che, nel giro di pochi mesi, diventa una vera campionessa. Impegnata in un incontro per il titolo mondiale, la ragazza è sconfitta da un’avversaria particolarmente scorretta. Colpita a tradimento crolla sul seggiolino d’angolo e rimane paralizzata. Quando si rende conto che la sua condizione è senza via d’uscita chiede all’anziano manager di ucciderla, cosa che lui fa prima di scomparire. Tutto questo è raccontato dall’ex-pugile orbo che sta scrivendo una lettera alla figlia de padrone. È una storia dall’andamento lineare e dai toni quasi melodrammatici, in realtà è un racconto ricco di spunti e riflessioni che vanno dai rapporti fra le generazioni, alla condizione di solitudine degli esseri umani che vivono nel mondo d’oggi, al conflitto fra valori e astuzia nello sport come nella vita, alle riflessioni sul tramonto della fama. Quest’ultimo tema, venendo da un cineasta di settantacinque anni, assume un tono quasi profetico – autobiografico. È un materiale complesso che da corpo e sangue ad un film molto bello, girato in maniera magistrale, interpretato a livello di perfezione. |
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