La stanza del figlio
Regia: Nanni Moretti; soggetto: Nanni Moretti; sceneggiatura: Linda Ferri, Nanni Moretti, Heidun Schleef; musica : Nicola Piovani; fotografia: Giuseppe Lanci; montaggio: Esmeralda Calabria; scenografia: Giancarlo Basili; costumi: Maria Rita Barbera; auto regista: Andrea Molaioli; suono: Alessandro Zanon; interpreti: Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca, Giuseppe Sanfelice, Silvio Orlando, Stefano Accorsi, Claudia della Seta; direttore di produzione: Gianfranco Barbagallo; produttori: Angelo Barbagallo e Nanni Moretti per Sacher Film; produzione: Sacher Film, Bac Film, Studio Canal + Parigi, con la collaborazione di RAI Cinema; nazionalità italiana; anno di produzione 2001; durata: 99'. | |
Una bella famiglia della media borghesia professionale. Lui è uno psichiatra, con studio ben avviato, lei dirige una piccola casa editrice, una di quelle aziende che sfornano raffinati cataloghi per belle mostre. Due figli, in buona salute e appassionati di sport, la ragazza gioca a pallacanestro, il ragazzo si diletta di pesca subacquea. Il clima è sereno, genitori e figli si parlano, fanno gite assieme, quasi non hanno segreti. Fuori, una tranquilla città di provincia affacciata su un porto operoso. Di colpo la tragedia: una decisione azzardata nell'inseguire un pesce e il ragazzo muore d'embolia. Tutto si spezza, non alla maniera del cinema hollywoodiano o dei brutti film italiani con sfoggio d'alcool, draga e avventure extraconiugali; sono i rapporti a spezzarsi. si smette di parlare, non si riesce più a lavorare, si diventa violenti sul campo di gioco. E' una crisi profonda in cui il lutto non riesce ad essere elaborato e il mondo perde di senso. Solo l'arrivo di una fidanzatina nascosta dello scomparso e la decisione, istintiva e illogica, di "dare un passaggio" a lei e al suo probabile nuovo amore sino al confine con la Francia, riesce a far tornare il sorriso per un attimo. Un attimo, perché nell'inquadratura seguente, l'ultima del film, i tre superstiti sono nuovamente soli su una spiaggia deserta, ciascuno assorto in un privato, doloroso percorso esistenziale. Il nuovo film di Nanni Moretti ha sorpreso molti critici che hanno parlato di svolta rispetto al clima ironico delle opere precedenti. Forse non avevano capito il dolore che traspariva - magari ricoperto d'autoironia - da ogni opera di un regista che si conferma il più importante uomo di cinema italiano di questi anni. Ci sono voluti quei film "sociali" per arrivare alla maturità de "La stanza del figlio. Come, poi se fosse possibile distingue fra i sentimenti e ciò che si pensa in politica, fra l'io individuale e quello pubblico. Una divisione che, forse, ha senso in chi fa della politica una professione, non certo nell'uomo comune, nell'essere umano normale. Il film è straziante, bellissimo e costruito con una raffinatezza incredibile. Il ritmo del crescere dei sentimenti, la direzione degli attori, il taglio delle inquadrature, tutto sa di perfezione. Le sbavature sono minime - il paziente ossessionato dal sesso facile e dai film porno che dà in escandescenze e devasta lo studio dello psichiatra - la compattezza del racconto ricorda il grande cinema, ad iniziare da quello d'Eric Rohmer. Quello splendore del vero, di cui paralava Roberto Rossellini, che sa render poetica e straordinariamente drammatica la vita di tutti i giorni. | |
Valutazione: 1 2 3 4 5 |