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Johannes Vermeer (1632-1675) morì a soli 32 anni, dopo aver passato tutta la vita a Delft, in Olanda. I trentacinque quadri che ci ha lasciato mostrano una vera e propria ossessione per la luce. Spesso si tratta di persone che leggono una lettera, preparano il cibo, suonano, prendono lezioni di musica, fanno salotto ritratte sempre nello stesso angolo illuminato da una finestra ora chiusa, ora aperta. E' una straordinaria lezione di stile che colloca quest’autore fra i maestri della pittura fiamminga. Peter Webber ha esordito nel lungometraggio con un film straordinario, La ragazza con l’orecchino di perla, tratto dal romanzo di Tracy Chevalier e basato sul gioco della luce. Ogni inquadratura rimanda alla composizione luminosa cara al pittore e in alcuni punti riproduce alcuni suoi celebri dipinti. La storia è quella di una servetta che l’artista sceglie come modella e ritrae con un orecchino di perla della moglie, causandone le ire. La vera modella è ignota, da qui la legittimità dell’invenzione di scrittrice e regista. Il discorso del ruota attorno ad una sorta d’affinità elettiva che unisce la popolana all’intellettuale, oltre le differenze di ceto e i pettegolezzi mondani. Un film bellissimo, costruito magistralmente e interpretato alla perfezione.
