La Passione di Cristo (The Passion of the Christ)
Regia: Mel Gibson; sceneggiatura: Benedict Fitzgerald, Mel Gibson; interpreti: James Caviezel, Monica Bellucci, Claudia Gerini, Maia Morgenstern, Sergio Rubini, Toni Bertorelli, Roberto Bestazzoni, Francesco Cabras, Giovanni Capalbo, Rosalinda Celentano, Emilio De Marchi, Francesco De Vito, Lello Giulivo, Abel Jefry, Hristo Jivkov, Luca Lionello, Jarreth J. Merz, Matt Patresi, Fabio Sartor, Mattia Sbragia, Giacinto Ferro, Hristo Shopov, Olek Mincer, Roberto Visconti, Luca De Dominicis, Pietro Sarubbi, Adel Bakri, Lucio Allocca, Paco Reconti, Luciano Dragone, Franco Costanzo, Lino Salemme, Emanuele Gullotto, Maurizio Di Carmine, Francesco Gabriele; produttori: Bruce Davey, Mel Gibson, Stephen McEveety, Enzo Sisti; musica originale: John Debney; fotografia: Caleb Deschanel; montaggio: John Wright; ricerca attori, Shaila Rubin; scenografo Francesco Frigeri; arredatore: Carlo Gervasi; costumi: Maurizio Millenotti; società produttrice: Icon Productions; nazionalità: USA; anno di edizione: 2004; durata: 127 min. |
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La Passione di Cristo di Mel Gibson è un film volgare, aggressivo, razzista, moralmente deprecabile, ma è anche un’opera abile e con almeno due punti di forza: l’invenzione del demonio, quale suadente immagine affidata a Rosita Celentano, e i dialoghi in aramaico e latino. Il regista costruisce il film attorno al credo di una setta ultraconservatrice cattolica, a cui appartiene, che rifiuta il Concilio Vaticano indetto da Papa Giovanni Ventitreesimo e, di conseguenza, rinnova al popolo ebraico l’accusa di deicidio. E' un’accusa che proprio quel Concilio cancellò, dopo che era stata usata per quasi venti secoli come la peggiore e la più oscena giustificazione delle persecuzioni antisemite. L’abilità sta nel coprire questa sostanza disgustosa con la pseudo giustificazione di una rappresentazione realistica della Passione che, certamente, fu segnata da crudeltà disumane e violenza bestiale. Tuttavia, non è il realismo la prima preoccupazione del regista, quanto resuscitare - attraverso le grida, le risate e il profluvio di sangue – l’antico odio verso un intero popolo, colpevole di aver voluto la morte del Salvatore. Da un punto di vista strettamente cinematografico il film punta tutto sull’orrore ripetuto, usa un ritmo lentissimo che consente di meglio sfruttare gli schizzi di sangue, i colpi di frusta, i pugni e i calci inflitti ad un uomo inerme. Si è giustamente scritto che questa soldataglia romana che tormenta Gesù è del tutto simile alla rappresentazione che molti film hanno fatto dei militari nazisti e che il paragone serve a confermare l’idea secondo cui l’olocausto non è stato altro che la giusta vendetta a cui sono stati sottoposti i mandanti del martirio del figlio di Dio. Questo è il filo conduttore di un film che dovrebbe indignare ogni credente, così come suscita ribrezzo in chi credente non è. Le prime reazioni della gerarchia cattolica, purtroppo, smentiscono questa previsione. |
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