La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler
Regia: Oliver Hirschbiegel; testi di partenza: Joachim Fest, Melissa Müller, Traudl Junge; sceneggiatura: Bernd Eichinger; interpreti: Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Juliane Köhler, Heino Ferch, Christian Berkel, Matthias Habich, Thomas Kretschmann, Michael Mendl, André Hennicke, Ulrich Noethen, Birgit Minichmayr, Rolf Kanies, Justus von Dohnanyi, Dieter Mann, Christian Redl, Götz Otto, Thomas Limpinsel, Thomas Thieme; produttori: Wolf-Dietrich Brücker, Bernd Eichinger, Doris J. Heinze, Jörn Klamroth, Christine Rothe; musica: Stephan Zacharias; fotografia: Rainer Klausmann; montaggio: Hans Funck; ricerca attori: An Dorthe Braker; scenografo: Bernd Lepel; direzione artistica: Gregor Mager; arredatore: Joachim Keppler; costumi: Claudia Bobsin; società di produzione: Constantin Film Produktion GmbH, Arbeitsgemeinschaft der öffentlich-rechtlichen Rundfunkanstalten der Bundesrepublik Deutschland, Degeto Film, EOS Entertainment, Rai Cinemafiction, Österreichischer Rundfunk; nazionalità: Germania / Italia / Austria; anno di produzione: 2004; durata: 156 min. |
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La fine d’Adolf Hitler, nell’aprile 1945, fu circondata a lungo dall’alone del mistero. La mancanza del corpo, la chiusura d’ogni canale informatico fra est ed ovest, succeduto allo scoppio della guerra fredda, la particolare struttura autoritaria del regime sovietico impedì, per molti anni, che si sapesse dell’esistenza dei resti mortali del dittatore nazista, segretamente conservati in un cellerio di Mosca. Per lungo tempo i fedelissimi più fanatici continuarono a sperare che il massacratore d’ebrei fosse riuscito a scampare all’accerchiamento dell’Armata Rossa e vivesse sotto mentite spoglie in un qualche paese sudamericano. Poi vennero i libri, le ricerche storiche, le ammissioni sovietiche e quei giorni furono lumeggiati a sufficienza. Il cinema non fu estraneo a questo processo sin da Der Letzte Akt (L’ultimo atto, 1955) di Georg Wilhelm Pabst, proseguendo con Gli ultimi dieci giorni di Hitler (1973) d’Ennio De Concini, che rimane il miglior film su quella tragedia finale. Arriva ora, preceduto da roventi polemiche La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler (Der Untergang) del tedesco Oliver Hirschbiegel. All’origine ci sono un paio di libri, uno di Melissa Müller e Traudl Junge (l’ultima segretaria del Fuhrer) e un’altro di Joachim Fest. Del resto, anche quello d’Ennio De Concini prendeva le mosse da uno studio storico di Gerhardt Boldt. Non stupisce, dunque, se molti dettagli coincidono, a partire dalla follia del capo e la fanatica ferocia autodistruttiva che lo indusse al suicidio assieme all’amante, sposata in extremis, e a vari responsabili del Reich, asserragliati nel bunker sotto la cancelleria. Le perplessità nascono dalla scelta di puntare i riflettori sulla personalità d’Adolf Hitler lasciando in ombra, quasi fossero elementi di uno scenario di fondo, le ragioni politiche e morali che portarono a quella tragedia. In questo modo un momento drammatico della storia del novecento è ridotto ad un fatto personale, una radiografia individuale su cui il mondo circostante ha un preso limitato. Non a caso il momento più alto dell’opera è l’interpretazione di Bruno Ganz. Il modello è quello del Macbeth shakespeariano, ma senza un profondo inserimento sia nell’attualità, sia nelle lotte dinastiche scozzesi dell’undicesimo secolo, come avviene nel Bardo. Il risultato è un film interessante e denso di pathos, quasi sospeso nella storia con buoni (i russi che si vedono solo nelle ultime scene) e cattivi utili per un qualsiasi tempo e per una generica epoca. |
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