Io non ho paura

regia: Gabriele Salvatores; sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Francesca Marciano; fotografia: Italo Petriccione; montaggio: Massimo Fiocchi; scenografia: Giancarlo Basili; costumi: Patrizia Chericoni, Florence Emir; musica: Pepo Scherman, Ezio Bosso; produttori: Maurizio Totti, Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz; società di produzione: Colorado Film, Cattleya, Medusa Film, con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Alquimia Cinema,The Producers Films; interpreti: Diego Abatantuono, Dino Abbrescia, Aitana Sánchez-Gijón, Giuseppe Cristiano, Mattia Di Pierro, Adriana Conserva, Fabio Tetta, Giorgio Careccia, Antonella Stefanucci, Stefano Biase, Fabio Antonacci; nazionalità: Italia; anno di produzione: 2003; durata: 109min.

URL: http://us.imdb.com/Title?0326977
URL:http://www.iononhopaura.it/
 

Gabriele Salvatores ritorna al tipo di cinema che ha segnato la prima parte, quella decisamente più interessante, della sua carriera. Lo fa con un film, Io non ho paura, che nasce con una solida base letteraria, il bel libro di Niccolò Ammaniti. La storia è ambientata nell’Italia meridionale nell’estate del 1978, la più calda del secolo. Nel piccolo borgo Acque Traverse un bimbo scopre casualmente una buca nel terreno in cui è rinchiuso un ragazzino della sua stessa età, rapito a Milano e custodito dalla sua famiglia. Fra i due bambini nasce un sentimento di naturale solidarietà, al punto che il campagnolo riuscirà a salvare la vita al prigioniero, quando i rapitori, vista frustrata la speranza di ottenete un riscatto, decidono di ucciderlo. Il film è teso, ottimamente costruito e, dato particolarmente importante, mette in campo un rapporto fra regista e natura quale raramente si è visto nel nostro cinema. Qualche recensore ha ironizzato sulle bellissime immagini di ampi campi di grano e sui cieli tersi. In realtà questa scelta ambientale rimanda all’amore per i paesaggio che segna il lavoro di grandi registi come Akira Kurosawa o Abbas Kiarostami. E’ un ritorno al cinema classico, dopo le prove fantastico – surreali abbastanza deludenti di Amnèsia, Denti e Nirvana. Una strada che riprende quella di Mediterraneo e in cui il regista sa dare il meglio di se. La descrizione delle psicologie, non solo di quelle dei piccoli interpreti, si salda a questa visione ammirata ed estatica della natura, ribadendo la medesima linea stilistica che segnava il legane fra i militari italiani e lo splendido scenario dell’isoletta greca. Un film dall’andamento lirico e riflessivo in cui il tempo della narrazione è quello giusto e necessario.

 
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