Il posto dell’anima
Regia: Riccardo Milani; sceneggiatura: Domenico Starnone, Riccardo Milani; fotografia: Arnaldo Catinari; montaggio: Marco Spoletini; scenografia: Paola Comencini costumi: Gianna Gissi musica: Leandro Piccioni, interpreti: Michele Placido, Silvio Orlando, Claudio Santamaria, Paola Cortellesi, Imma Piro, Flavio Pistilli, Maria Laura Rondanini; produzione: Albachiara, Rai Cinema; produttore: Lionello Cerri; paese: Italia; anno: 2003 durata: 106' |
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Il posto dell’anima. Riccardo Milani ha realizzato, con Il posto dell’anima, un film solido, classico, un’opera che recupera le migliori tradizioni del cinema progressista e della commedia italiana. Una multinazionale americana decide di chiudere la fabbrica di pneumatici che ha installato, anche grazie alle sovvenzioni pubbliche, in una cittadina abruzzese. Gli operai si ribellano, s’incatenano all’ingresso, formano un picchetto che per mesi blocca i cancelli d’ingresso. La storia, inusuale per il cinema italiano contemporaneo, è raccontata attraverso le vicende di tre personaggi: il maturo sindacalista, l’operaio irrimediabilmente ammalato di cancro da fumi tossici, il giovane che tenta di uscire dalla crisi in modo individuale inventandosi un’attività di pastaio, salvo finire a stritolato dall’apertura di un supermercato. Il tutto intrecciato a storie sentimentali, affari di corna, sogni. E’ un film che non ha remore nel toccare le corde del sentimento e di usare, seppur sommessamente, la retorica. Un’opera commuovente, piacevole come un prodotto genuino, antico e sincero. Molti anni or sono Andrej Wajda disse, a proposito del suo film L’uomo di ferro, la prima opera apertamente critica sul regime realsocialista, “non è un bel film, forse fra qualche anno sarà dimenticato, ma è ciò che oggi un intellettuale polacco che si rispetti deve fare”. Queste parole ci sono venite in mente assistendo alla proiezione de Il posto dell’anima, un testo che non teme di andare contro corrente, di dare voce a personaggi che altri cineasti considerano degli zombi, tanto che ad un certo film risuona la battuta “Gli operai, ma esistono ancora?” Sì esistono e Milani lo ricorda inserendosi sulla strada aperta dai cineasti francesi, belgi, spagnoli, inglesi che l’hanno imboccata da tempo. E' una bella risposta ad un paese che si vorrebbe intossicato dalla cattiva televisione, avvilito dal cinismo, preda di una politica che scambia l’interesse affaristico con il bene comune. Film come questo aiutano a sentirsi meno soli. |
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