Festen - Festa di famiglia (Dogme 1 - Festen)

Regia Thomas Vinterberg, sceneggiatura Mogens Rukov e Thomas Vinterberg, fotografia Anthony Dod Mantle, montaggio Valdis Oskarsdóttir, scelta attori Marie Louise Hedegaard, regista seconda unità Eigil Jakobsen, suono Morten Holm, con Ulrich Thomsen, Henning Moritzen,   Thomas Bo Larsen,  Paprika Steen, Birthe Neumann, Trine Dyrholm, Helle Dolleris, Therese Glahn, Klaus Bondam, Bjarne Henriksen, Gbatokai Dakinah, Lasse Lunderskov, Lars Brygmann, Lene Laub Oksen, Linda Laursen, John Boas, Erna Boas, Birgitte Simonsen, Thomas Vinterberg, produttori Birgitte Hald e Morten Kaufmann, nazionalità Danimarca, 35 mm, 105 minuti.

URL:http://www.dogme95.dk/

E' il primo film che rispetta i criteri stabiliti in "Dogma - Voto di castità 95" il documento firmato dal regista assieme a Lars von Trier, Kristian Levring e Soren Krach Jacobsen. Un documento che detta le dieci condizioni cui si deve sottomettere ciascun aderente. Obblighi molto duri che vanno dal formato della pellicola all'uso delle luci, dai luoghi per le riprese all'omissione della firma del regista. Ad occhio sembrano più i principi di una poetica molto personale che non gli elementi di una scuola. In ogni caso questo film testimonia come il loro uso può servire per creare opere di gran valore. Un gruppo di parenti e amici si riunisce in un elegante albergo per festeggiare i sessant'anni del capofamiglia. Sembrerebbe una festa come tante se non arrivasse subito un incidente a turbarla. Il figlio primogenito, incaricato del discorso d'apertura, denuncia le violenze sessuali subite da lui e dalla sorella - morta suicida - ad opera del festeggiato quando era un bambino. Nonostante i tentativi dell'intero parentado di fare come se nulla fosse, ecco emergere violenze, tradimenti, turpitudini varie. Siamo, in altre parole dalle parti di Ingmar Bergman, Sören Kierkegaard o, meglio ancora, Sigmund Freud. Il film è molto bello con quell'area da pellicola amatoriale che, lentamente si trasforma in visione pittorico - informale, sempre attenta alle esigenze espressive e sempre calibrata. Lo stile e la violenza della denuncia procedono di pari passo e non vi sono scarti di compiacimento o varchi melodrammatici. L'asciuttezza dello sguardo rende drammatico ogni particolare senza concedere alcun margine all'eccesso.

 

 

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