Due amici
Regia: Spiro Scimone, Francesco Sframeli; interpreti: Spiro Scimone, Francesco Sframeli, Felice Andreasi, Valerio Binasco, Roberto Citran, Teresa Saponangelo, Sara Bertelà, Nicola Di Pinto; musiche: Andrea Morricone; costumi: Carolina Olcese; sceneggiatura: Spiro Scimone, fotografia: Blasco Giurato; scenografia: Eleonora Ponzoni; montaggio: Massimo Quaglia; nazionalità: Italia; durata: 1h e 30'; anno di produzione: 2002. |
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Spiro Scimone e Francesco Sfarmeli sono fra le figure più interessanti del nuovo teatro italiano. I loro testi, da “Bar” a “La festa”, costituiscono altrettante voci originali e fresche della nostra scena. “Nunzio” è uno dei loro testi più robusti ed è andato in scena nel 1994 per la regia di Carlo Cecchi. Questo stesso copione è ora portato sullo schermo dall’autore con il titolo di “Due amici”. Pino e Nunzio sono due siciliani che vivono nella periferia di una grande città. Nunzio lavora in una fabbrica di vernici ove ha contratto una grave malattia ai polmoni, Pino, invece, svolge un lavoro misterioso che lo porta a fare lunghi viaggi preannunciati dalla comparsa di un pacco di pesci davanti alla porta di casa. I due abitano insieme, parlano poco – soprattutto Pino che risponde di solito a monosillabi alle domande dell’amico – hanno pochi rapporti con gli altri. Sono dialoghi sul filo del non senso e in cui la curiosità stralunata di Nunzio fa emergere la banalità del discorrere quotidiano. L’innamoramento unilaterale di Nunzio per Maria rompe quest’equilibrio e l’aggravarsi della sua malattia lo fa crollare. Sono cose che inducono Pino a confessare e abbandonare il suo mestiere d’assassino a pagamento e a tentare di fuggire con l’amico dalla vendetta dei vecchi committenti. Il passaggio dal palcoscenico allo schermo non è cosa facile per un’opra il cui asse è il linguaggio e la cui ambientazione rasenta l’unicità di luogo. Inoltre la naturale oggettività dell’immagine cinematografica si scontra con il valore fantastico di un teatro apparentemente minimo, ricco di riferimenti colti – Beckett, Pinter, Mamet – in bilico fra ironia e rabbia, malinconia e sarcasmo. Ancor più difficile il lavoro sul linguaggio, nel testo un siciliano appena italianizzato, che, nel film, deve adattarsi all’orecchio di una platea vasta e tendenzialmente generica. Una serie d’ostacoli che la regia cinematografica non dribbla del tutto anche se il bilancio finale appare di segno positivo. |
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Valutazione: 1 2 3 4 5 |