Arac Attack – Mostri a otto zampe (Eight Legged Freaks)
Regia: Ellory Elkayem; soggettoi: Ellory Elkayem, Randy Kornfield; scenggiatura: Jesse Alexander, Ellory Elkayem; interpreti: David Arquette, Kari Wuhrer, Scott Terra, Scarlett Johansson, Doug E. Doug, Rick Overton, Leon Rippy, Matt Czuchry, Jay Arlen Jones, Eileen Ryan, Riley Smith, Matt Holwick, Edith Wilson, Jack Moore, Roy Gaintner, Don Champlin, John Storey; produttori: Bruce Berman, Dean Devlin, Roland Emmerich, William Fay, Kelly Van Horn, Peter Winther; musica originale: John Ottman, Rich Ragsdale; fotografia: John S. Bartley; montaggio: David Siegel; ricerca attori: Paula Rosenberg, April Webster; scenografo: Charles Breen; direttore artistico: Charles Butcher; preparazione set: Marcia Calosio; costumi: Alix L. Friedberg; trucco: Leo Corey Castellano, Kim Collea, Scott W. Farley, Bill Johnson, effetti speciali: Rick Sharp, Tina Sims; produzione: Centropolis Entertainment, Electric Entertainment, NPV Entertainment, Village Roadshow Productions, nazionalità: USA; anno di produzione 2002; durata: 99min. |
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Il cinema americano ritorna volentieri sui suoi passi, come dire che non disdegna di rimettere in scena, aggiornandole, situazioni e storie già abbondantemente utilizzate. Del resto lo stesso Steven Spielberg ha confessato che l’idea della serie su Indiana Jones è venuta a lui e a George Lucas mentre prendevano il sole e chiacchieravano di fumetti che avevano amato da ragazzi. “Arac Attack – Mostri a otto zampe” sembra un piacevole rifacimento di almeno una decina di film di fantascienza degli anni cinquanta. Ci sono gli insetti che assumono proporzioni mostruose per colpa di qualche follia umana, qui la dispersione di scorie tossiche, in passato una qualche contaminazione atomica. Ci sono i buoni abitanti di una piccola città di provincia massacrati e assediati dai mostruosi insetti. Ci sono l’eroe e l’eroina che combattono e finiscono per amarsi. C’è l’improvviso e prevedibile lieto, fine determinato da una trovata casuale che stermina gli aggressori. Qui c’è, in più, un velo d’ironia, così come conviene a quasi tutte le moderne superproduzioni, anche a quelle di tono drammatico. La miscela di tanti ingredienti antichi funziona ancora e, anche se è facile prevedere la scena successiva si rimane spesso con il fiato sospeso. Merito della regia nervosa e brillante d’Ellory Elkayem, qui alla seconda esperienza nel lungometraggio dopo “Larger Than Life” (1997). |
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Valutazione: 1 2 3 4 5 |